domenica 1 febbraio 2015

William Shakespeare


Nulla è bene o male, se non si pensa di fare bene o male.
William Shakespeare
Ph. Hanka Sierakowska

FRASI CELEBRI 
Dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova, dubita che la verità sia mentitrice,  ma non dubitare mai del mio amore. 
William Shakespeare, Amleto 

Ma la tua eterna estate non potrà mai svanire. Nè perdere il possesso delle tue bellezze. Nè la Morte vantarsi di averti nell’ombra sua. Poichè tu vivrai nel tempo in versi eterni. Sin che respireranno gli uomini e occhi vedranno, altrettanto vivranno queste rime, e a te daranno vita.
William Shakespeare 

Basta una stilla di male per gettare un’ombra infamante su qualunque virtù. William Shakespeare Non è mai notte quando vedo il tuo volto; perciò ora a me non sembra che sia notte, nè che il bosco sia spopolato e solitario, perchè per me tu sei il mondo intero; chi potrà dunque dire che io sono sola se il mondo è qui a guardarmi? 
“Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare 

I sogni sono figli di mente vagabonda, pieni soltanto di vana fantasia, che ha meno sostanza dell’aria ed è più incostante del vento che ora corteggia le gelide gole del nord e poi, furibondo, fugge lontano in cerca di calore.. 
William Shakespeare 

Parla ancora, angelo luminoso, sei così bella, e da lassù tu spandi sul mio capo tanta luce stanotte quanta più non potrebbe riversare sulle pupille volte verso il cielo degli sguardi stupiti di mortali un alato celeste messaggero che, cavalcando
sopra pigre nuvole, veleggiasse per l’infinito azzurro!
William Shakespeare, Romeo e Giulietta

Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia. William Shakespear, da “Amleto”

Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri? 
William Shakespeare

Biografia

Poeta e drammaturgo inglese, nasce a Stratford-upon-Avon nel 1564. E’ considerato dalla critica come una delle più grandi personalità della letteratura di ogni tempo e di ogni paese. Ad uno sguardo storico più ravvicinato, invece, viene catalogato come uno degli esponenti principali del rinascimento inglese. Dal punto di vista strettamente biografico, di Shakespeare si sa ben poco. Oltre a mancare dati certi sulla sua vita, innumerevoli fatti ed aneddoti circolano, com’era facile prevedere, intorno alla sua figura. Aneddoti perlopiù destituiti da ogni fondamento. In questa selva di informazioni, da tempo gli studiosi hanno cercato di fare chiarezza, giungendo a poche ma quasi certe notizie fondate. Per quanto riguarda la nascita, si parla del 23 aprile ma anche questa data è passibile di contestazione, essendo basata più che altro su di un affidamento alla tradizione.

 La sua famiglia apparteneva alla classe benestante inglese. Il padre era una un facoltoso mercante mentre la madre si fregiava del blasone di un casato della piccola nobiltà terriera. Nel 1582 lo scrittore sposa Anne Hathaway, bella ragazza di umili origini, proveniente da una famiglia contadina. Anne darà al drammaturgo ben tre figli di cui gli ultimi due gemelli. Purtroppo uno di essi a soli undici anni, decede. Intanto, William ha già intrapreso con decisione la scelta di vivere per il teatro. Non solo si dedica anima a corpo all’attività di attore, ma spesso scrive da solo i testi, tanto che dopo qualche anno può già vantare una cospicua produzione. 
Trasferitosi a Londra, nel giro di qualche tempo si conquista una discreta fama. La pubblicazione di due poemetti d’amore, “Venere e Adone” (1593) e “Lucrezia violentata” (1594), nonché dei “Sonetti” (editi nel 1609 ma in circolazione già da tempo) lo consacrarono poeta rinascimentale versatile e piacevole. Dal punto di vista della diffusione delle sue opere teatrali, invece, il pubblico si dimostra inizialmente meno sensibile. Egli è appunto considerato dalla cerchia degli intenditori e dal pubblico colto un maestro della lirica e del verso più che del dramma. I testi teatrali, pur accolti con favore, non godevano di grande considerazione, anche se Shakespeare, con buon intuito e notevole fiuto (quasi fosse sintonizzato sui percorsi artistici della storia), investì i suoi guadagni proprio in questo settore, al momento apparentemente meno redditizio. Aveva infatti una partecipazione nei profitti della compagnia teatrale dei Chamberlain’s Men, successivamente chiamatisi King’s Men, che metteva in scena suoi e altrui spettacoli. In seguito, i considerevoli guadagni provenienti da queste rappresentazioni gli consentirono fra l’altro di essere comproprietario dei due teatri più importanti di Londra: il “Globe Theatre” e il “Blackfriars”. Ed è inutile ribadire che la sua fama è oggi legata soprattutto alle 38 opere teatrali da lui composte nell’arco della sua fulgida carriera…. 

 Difficile inquadrare la sua notevole produzione artistica, che annovera drammi storici, commedie e tragedie, anche a causa della rilettura successiva dei suoi lavori ad opera dei letterati romantici che videro profonde assonanze tra la loro ricerca estetica e i lavori di Shakespeare. Per lungo tempo, infatti, questa rilettura ha influenzato sia la critica che gli allestimenti delle sue opere, esasperando le affinità poetiche con il romanticismo. Indubbiamente sono presenti, soprattutto nelle grandi tragedie, temi e personaggi che preludono all’esperienza romantica, ma l’originalità del grande artista inglese va cercata maggiormente nella grande capacità di sintesi delle diverse forme teatrali del suo tempo in opere di grande respiro ed equilibrio dove il tragico, il comico, l’amaro, il gusto per il dialogo serrato e per l’arguzia, sono spesso presenti in un’unica miscela di grande efficacia. 

 Una fatica notevole sarebbe anche rappresentata dall’enumerazione dell’enorme quantità di musica che è stata tratta dai suoi testi. L’opera lirica ha letteralmente saccheggiato i drammi o le commedie scespiriane che, con le loro ricchissime tematiche si prestano particolarmente bene alla rappresentazione in note. Un culto per Shakespeare aveva Wagner (anche se non musicò mai alcun libretto del bardo), ma bisognerebbe almeno citareVerdi (“Otello”, “Falstaff” “Macbeth”, ecc.), Mendelssohn (che scrisse le fantastiche musiche di scena per “Sogno di una notte di mezza estate”), Caikovskji e, nel Novecento, Prokovief, Bernstein (non dimentichiamo che “West side story” non è altro che una riproposizione di “Romeo e Gulietta”) e Britten. Inoltre, la sua straordinaria modernità è testimoniata dalle decine di film ispirati ai suoi drammi. Conquistato un certo benessere, a partire dal 1608 Shakespeare diminuì dunque il suo impegno teatrale; sembra che trascorresse periodi sempre più lunghi a Stratford, dove acquistò un’imponente casa, New Place, e divenne un cittadino rispettato della comunità.

 Morì il 23 aprile 1616 e fu sepolto nella chiesa di Stratford. Problematica è anche l’iconografia relativa al grande bardo. Finora di Shakespeare si conoscevano solo due immagini “post mortem”: il busto di marmo sulla tomba, e l’incisione usata nel frontespizio di una delle prime edizioni delle opere che da allora è stata riprodotta innumerevoli volte fino a oggi su libri, poster e magliette. Ma lo Shakespeare canadese ha scarsa somiglianza con l’effige”ufficiale” per via della folta chioma ricciuta castano-ramata. 

Alcune delle tragedie più famose: “Amleto” (1599-1600) “Romeo e Giulietta” (1594-95) “Enrico IV” (1597-98) “Macbeth” (1605-06) Commedie “La bisbetica domata” (1593-94) “Molto rumore per nulla” (1598-99) “Le allegre comari di Windsor” (1600-01). Una menzione speciale meritano due opere “fantastiche” nelle quali sogno e realtà si mescolano in maniera talmente suggestiva da essere dei veri e propri capostipiti del genere “Fantastico”: si tratta di “Sogno di una notte di mezza estate” (1595-96) e “La tempesta” (1611-12).

Woody Allen

woody  allen

Frasi Celebri 
 La vita è un’esperienza tragica, e l’unico momento di sollievo sta nel saper apprezzare quello che funziona in uno specifico momento e non arrecare male a nessun altro. 
 Sono agnostico, ma credo un po’ anche all’ateismo. È conoscibile la conoscenza? E se non lo è, come facciamo a saperlo? 
 Mi sento così rilassato, oggi. Così in pace con me stesso. Soddisfatto e senza pensieri. Cos’ho che non va?
Recentemente ho letto la Bibbia. Non male, ma il personaggio principale è poco credibile.
 La tradizione è l’illusione dell’immortalità.
 Per te sono un ateo. Per Dio sono una leale opposizione. 
 Non vorrei mai fare parte d’un club che accetti tra i suoi iscritti un tipo come me. 
 “Ma perché… perché devi sempre incasellare le mie voglie animalesche dentro categorie psicanaliste?” gli disse, togliendole il reggiseno. 
 La morte è come il sonno, ma con questa differenza: se sei morto e qualcuno grida “In piedi, è giorno fatto!”, ti riesce difficile trovare le pantofole.
La matematica standard è stata recentemente resa obsoleta dalla scoperta che abbiamo scritto per anni la cifra cinque al rovescio. Ciò ha portato alla rivalutazione del contare come metodo per andare da uno a dieci. 
Agli studenti si insegnano concetti avanzati di algebra booleana, ed equazioni un tempo non risolvibili vengono trattate con minacce di rappresaglie.

 Gli intellettuali sono come la mafia. Si uccidono tra di loro. 
 È assolutamente evidente che l’arte del cinema si ispira alla vita mentre la vita si ispira alla tv.

BIOGRAFIA

Heywood Allen Stewart Konisberg nasce a Brooklyn il 1° dicembre 1935 da una famiglia di origine ebrea. A 15 anni, stanco di sentirsi chiamare sempre “Red”, si ribattezza Woody Allen e, sotto questo pseudonimo, comincia a scrivere battute umoristiche che invia regolarmente alle redazioni dei giornali di New York. Ben presto riesce a farsele pubblicare e a venderle agli agenti di Bob Hope, uno dei suoi attori preferiti. Da ragazzo è un vero disastro negli studi. Mentre i genitori sognano per lui un lavoro sicuro, nel 1956 si sposa con Harlene Rosen e si guadagna da vivere scrivendo testi per la radio-televisione americana. In seguito si trasferisce ad Hollywood dove apprende tutti i segreti necessari alla buona riuscita di uno spettacolo da Danny Simon, fratello di Neil. Ma il caldo della California non gli piace e ritorna nella sua amata New York. Dopo aver firmato molti show televisivi di successo, nei primi anni ’60 esordisce come intrattenitore nei locali del Greenwich Village. Di fronte al pubblico parla di sè, della sua vita privata, del matrimonio con Harlene finito con un divorzio, dichiarandosi disponibile ad aprire un dibattito in proposito. Riscuote subito l’attenzione dei critici, che riconoscono in lui la stoffa di un grande comico. Nel 1964, dopo averlo applaudito al Blue Angel di New York, il produttore cinematografico Charles K. Feldman gli chiede di scrivere la sceneggiatura di Ciao Pussycat(Clive Donner, 1965), film che già rivela quelle che saranno le “ossessioni” più ricorrenti nel suo cinema: il sesso e la psicanalisi. Accanto a Peter O’Toole e a Peters Sellers, compare per la prima volta sullo schermo nel ruolo di un paziente complicato ed insicuro. Ma nonostante il successo del film, si indigna molto per i cambiamenti apportati indiscriminatamente al testo originario tanto da arrivare a dire :”Non farò mai un altro film se non ne avrò il controllo completo”. Proposito ambizioso che riesce a mantenere nel corso di una lunga e fortunata carriera, durante la quale colleziona 18 candidature all’Oscar. Arriva a controllare addirittura le sillabe dei nomi dei suoi protagonisti: Alvie, Isaac, Boris, Lenny, Sam, Harry… Tutti rigorosamente brevi, perché si battono a macchina più velocemente. Quando dirige un film, anche i divi più acclamati di Hollywood devono rispettare le sue regole e, all’occorrenza, improvvisarsi cantanti (Tutti dicono I love you, 1996). Proprio di fronte a lui, amante della buona musica e grande clarinettista jazz che si esibisce ogni lunedì sera al Michael’s Pub di New York. Senz’altro è sincero quando dice che in privato non è un tipo divertente. 
 A metà degli anni ’90, la sua vita privata finisce sui giornali per la storia d’amore (e il matrimonio) con Soon-Yi Previn, figlia adottiva di Mia Farrow, l’attrice con la quale ha avuto una lunga relazione che è culminata con il matrimonio e l’adozione di due bambine. Ma, piuttosto che indugiare sui retroscena giallo-rosa di clamorose disavventure sentimentali, il pubblico preferisce precipitarsi puntualmente alle prime dei suoi film o ricordare i quattro Oscar vinti con Diane Keaton per Io e Annie (miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura e miglior attrice protagonista). Negli ultimi anni ha disertato la sua amata da New York, per questioni di produzione e di costi. Ha traslocato quindi, solo per le riprese, in Europa per raccontare storie, sempre nel suo stile newyorchese, con una nuova musa, anche se questa volta la relazione è unicamente professionale: 
Scarlett Johansson, la bionda protagonista delle sue produzioni europee, da Match Point a Vicky Cristina Barcelona. Dopo quattro film girati in Europa, Allen torna ad ambientarne uno a New York nel 2009: Basta che funzioni, che ha inaugurato il Tribeca Film Festival, è la storia di un anziano scienziato pieno di amarezza e rancore che dopo due tentati suicidi accoglie in casa una ragazza estremamente ignorante con la quale finisce per sposarsi. E’ tornato poi a girare a Londra Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni con Naomi Watts, Antony Hopkins, Antonio Banderas e l’attrice indiana Frida Pinto. Il suo tour europeo è proseguito con Parigi, Midnight in Paris (che si aggiudica l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale) storia di uno scrittore che girovagando per la Parigi notturna si ritrova negli anni Venti, e poi con Roma To Rome with Love per il quale scrittura Roberto Benigni e dove sceglie di riapparire come attore, ma che viene stroncato dalla critica. 
 Dice di essersi innamorato del cinema a tre anni quando sua madre lo portò a vedere “Biancaneve”. Da quel giorno il cinema è diventato la sua seconda casa Si è sposato tre volte: con Harlene Rosen (1956 – 1962), Louise Lasser (1966 – 1969) e Soon-Yi Previn (dal 22 dicembre del 1997) Ha girato solo un film nel quale le sue due muse cinematografiche, Diane Keaon e Mia Farrow, compaiono insieme: Radio Days (1987). Con la Keaton ha girato: Io e Annie (1977), Amore e guerra (1975), Manhattan(1979), Misterioso omicidio a Manhattan (1993), Radio Days (1987), Interiors (1978) e Sleeper (1973). Con Mia Farrow: Broadway Danny Rose (1984), Crimini e misfatti (1989), Hannah e le sue sorelle (1986),Alice (1990), Un’altra donna (1988), La rosa purpurea del Cairo (1985), Settembre (1987), Mariti e mogli(1992), Una commedia sexy in una notte di mezza estate (1982), New York Stories (1989), Radio Days(1987), Ombre e nebbia (1992) e Zelig (1983) Nonostante Allen sia il primo ad ironizzare sul suo scarso sex appeal, nel 1995 la rivista Empire lo ha inserito nella classifica dei 100 uomini più sexy della storia 
 A scuola era un disastro, ma anche all’univesità non è andata meglio: la New York University lo ha cacciato via I suoi miti: Ingmar Bergman, Groucho Marx, Federico Fellini, Cole Porter e Anton Chekhov. Le sue città: subito dopo New York, c’è Venezia E’ un fan sfegatato dei New York Knicks e quando non è impegnato sul set non si perde una partita. Per anni ha comprato l’abbonamento annuale per le gare casalinghe Nba.

Alda Merini



Alda scriveva....
Non mettermi accanto a chi si lamenta senza mai alzare lo sguardo, a chi non sa dire grazie, a chi non sa accorgersi più di un tramonto. Chiudo gli occhi, mi scosto un passo. Sono altro. Sono altrove.
Alda Merini.

“La maternità è una sofferenza, una gioia molto sofferta. Da un amante ci si può staccare, ma da un figlio non riesci”. 
 L’aforisma è genio, vendetta e anche una sottile resa alla realtà biblica. L’aforisma è il sogno di una vendetta sottile.
 Io trovo i miei versi intingendo il calamaio nel cielo 
Ci sono adolescenze che si innescano a novanta anni. 
Chi fa aforismi muore saturo di memorie e di sogni ma pur sempre non vincente ne davanti a Dio ne davanti a se stesso né davanti al suo puro demonio. 
Il genio muore per se stesso e chiede d’esser sepolto entro memorie deboli 
Il poeta non rigetta mai le proprie ombre. Il poeta è sempre lontano dall’impossibile 
Un povero ti dà tutto e non ti rinfaccia mai la tua vigliaccheria. 
Se Dio mi assolve, lo fa sempre per insufficienza di prove 
La casa della poesia non avrà mai porte 
Il vero amore non ha peli 
L’alba ti rassicura e la luce… puoi finalmente sognare. 
La follia è saltare sul tappeto della ragione. 
Ascolta il passo breve delle cose. Assai più breve delle tue finestre - quel respiro che esce dal tuo sguardo chiama un nome immediato: la tua donna. 
La calunnia è un vocabolo sdentato che, quando arriva a destinazione, mette mandibole di ferro. .
 BIOGRAFIA
dal testo autobiografico della poetessa dei navigli “Sono nata a Milano il 21 marzo 1931, a casa mia, in via Mangone, a Porta Genova: era una zona nuova ai tempi, di mezze persone, alcune un po’ eleganti altre no. Poi la mia casa è stata distrutta dalle bombe. Noi eravamo sotto, nel rifugio, durante un coprifuoco; siamo tornati su e non c’era più niente, solo macerie. Ho aiutato mia madre a partorire mio fratello: avevo 12 anni. Un bel tradimento da parte dell’Inghilterra, perché noi eravamo tutti a tavola, chi faceva i compiti, chi mangiava, arrivano questi bombardieri, con il fiato pesante, e tutt’a un tratto, boom, la gente è impazzita. Abbiamo perso tutto. Siamo scappati sul primo carro bestiame che abbiamo trovato. Tutti ammassati. Siamo approdati a Vercelli. Ci siamo buttati nelle risaie perché le bombe non scoppiano nell’acqua, ce ne siamo stati a mollo finché non sono finiti i bombardamenti. Siamo rimasti lì soli, io, la mia mamma e il piccolino appena nato. Mio padre e mia sorella erano rimasti in giro a Milano a cercare gli altri: eravamo tutti impazziti. Ho fatto l’ostetrica per forza portando alla luce mio fratello, ce l’ho fatta: oggi ha sessant’anni e sta benissimo. La mamma invece ha avuto un’emorragia, hanno dovuto infagottarla insieme al piccolo e portarseli dietro così, con lei che urlava come una matta. A Vercelli ci ha ospitato una zia che aveva un altro zio contadino, ci ha accampati come meglio poteva in un cascinale. Sembrava la Madonna mia madre, faceva un freddo boia, era una specie di stalla, ci siamo rimasti tre anni. Non andavo a scuola, come facevo ad andarci? Andavo invece a mondare il riso, a cercare le uova per quel bambino piccolino: badavamo a lui, era tutto fermo, c’era la guerra. Stavo in casa e aiutavo la mamma, andavo all’oratorio, ero una brava ragazza io. Io sono molto cattolica, la mia parrocchia a Milano era San Vincenzo in Prato. Mi sento cattolica e profondamente moralista, nel senso che sono una persona seria allevata da genitori serissimi, pesanti e pedanti in fatto di morale. Non lo so se credo in Dio, credo in qualcosa che… credo in un Dio crudele che mi ha creato, non è essere cattolici questo? Perché, Dio non è così? Tutti abbiamo un Dio, un idoletto, ma proprio il Dio specifico che ha creato montagne, fiumi e foreste lo si immagina solo… con la barba, vecchio, un po’ cattivo, un Dio crudele che ha creato persone deformi, senza fortuna. Credo nella crudeltà di Dio. Non penso siano idee blasfeme, la Chiesa non mi ha mai condannata. Anzi, il mio “Magnificat” è stato esaltato, perché ho presentato una Madonna semplice, come è davvero lei davanti a questo stupore dell’Annunciazione, che non accetta fino in fondo perché lei ha San Giuseppe. Io pregavo da bambina, ero sempre in chiesa, sentivo sette, otto, dieci messe al giorno, mi piaceva, però non ci vado più dai tempi del manicomio. Ho trovato una tale falsità nella Chiesa allora, in manicomio vedevo le ragazze che venivano stuprate e dicevano di loro che erano matte. Stuprate anche dai preti, allora mi sono incazzata davvero. L’ho visto accadere ad altri, non è una mia esperienza. La Chiesa è dura con le donne, da sempre. Però oggi come sono magre e secchette le donne, prima erano belle adipose. Sono tornata a Milano quando è finita la guerra, siamo tornati a piedi da Vercelli, solo con un fagotto, poveri in canna, e ci siamo accampati in un locale praticamente rubato, o trovato vuoto, di uno straccivendolo. E ci stavamo in cinque. Abbiamo ripescato anche mia sorella che era partita con i fascisti, con i tedeschi, aveva imparato, si metteva in strada, tirava su le gonne, i tedeschi andavano in visibilio e le regalavano il pane, si sfamava così, si alzava solo la gonna, era bellissima. In questo stanzone stavamo tutti e cinque, accampati, con delle reti, allora sono andata con il primo che mi è capitato perché non ce la facevo più. Avevo 18 anni, dove dormivo scusate? Così poi l’ho sposato, nel 1953. Era un operaio, è morto nel 1983, un lavoratore. Si chiamava Ettore Carniti, io sono zia del sindacalista Pierre Carniti e anche mio marito era sindacalista. Un bell’uomo. Ho avuto quattro figlie da lui. Andavamo a mangiare la minestra da mia madre perché lui non aveva ancora un lavoro. Poi abbiamo preso una panetteria in via Lipari, non è che proprio facevamo il pane, era solo una rivenditoria. Mi chiamavano la fornaretta. Ho avuto la mia prima bambina nel 1955, Emanuela, poi nel 1958 è nata anche Flavia. Avevo 36 anni quando è nata la mia ultima figlia, Simona, e prima ancora era arrivata Barbara.”

Alessandro Manzoni

AFORISMI
La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell’uno e dell’altro  
Non sempre ciò che vien dopo è progresso 
Volete averne molti in aiuto? Cercate di non averne bisogno
Di libri ne basta uno alla volta quando non avanza 
E’ men male l’agitarsi nel dubbio che il riposar nell’errore 
Il vero male non è quello che si soffre, ma quello che si fa 
Le parole fanno un effetto in bocca e un altro negli orecchi. 
Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto per paura del senso comune 
All’avvocato bisogna contare le cose chiare; a lui poi tocca di imbrogliarle. 
La collera aspira a punire: e, come osservò acutamente un uomo d’ingegno, le piace più d’attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa far le sue vendette, che di riconoscerli da una causa, con la quale non ci sia altro che rassegnarsi. 


BIOGRAFIA
Alessandro Manzoni nacque a Milano nel 1785, dal conte Pietro, un uomo di mediocre cultura, ricco possidente del contado di Lecco e da Giulia Beccaria, figlia del giurista Cesare Beccaria, uno dei più illustri rappresentanti dell’Illuminismo lombardo, l’autore de Dei delitti e delle pene. In realtà — secondo un’ipotesi oggi comunemente accettata — Manzoni ebbe come padre naturale Giovanni Verri, che fu amante della madre. I genitori del Manzoni si separarono quando egli era ancora molto giovane. Per questo motivo dovette trascorrere l’infanzia e la prima giovinezza, fino al 1801, in collegi di padri Somaschi (prima a Merate, poi a Lugano) e Barnabiti (a Milano), dove ricevette un’educazione classica, ma subì anche l’arido formalismo e la regola tipica di quegli ambienti.


Quando uscì dal collegio aveva sedici anni e idee razionaliste e libertarie. Si inserì presto nell’ambiente culturale milanese del periodo napoleonico, strinse amicizia con i profughi napoletani Cuoco e Lomonaco, frequentò poeti già affermati e noti comeFoscolo e Monti. Trascorse questo periodo lietamente, tra il gioco e le avventure galanti, ma dedicandosi anche al lavoro intellettuale e alle composizioni poetiche: l’esempio più illustre è rappresentato dal poemettoTrionfo della libertà. Deluso dal giacobinismo scrisse sonetti e idilli, il più maturo dei quali sembra essere Adda (1803).

 L’anno successivo terminò la stesura di quattro Sermoni: Amore a Delia, Contro i poetastri, Al Pagani, Panegirico a Trimalcione, composizioni satiriche ricche di echi pariniani e alfieriani. Nel 1805 lasciò la casa paterna e raggiunse la madre a Parigi. Carlo Imbonati, compagno della madre dopo la separazione, era ormai morto. In suo ricordo, Manzoni scrisse un carme in 242 versi sciolti, intitolato In morte di Carlo Imbonati. Egli non aveva mai avuto un rapporto stretto con la madre, ma tra loro si creò ben presto una affettività intensa, che fu destinata a cambiare la vita dello scrittore. A Parigi frequentò ambienti intellettuali popolati da personaggi come Cabanys, Thierry, Tracy, di posizioni liberali e forte rigore morale. Il rapporto più importante, però, per Manzoni fu quello stretto con Claude Fauriel: attraverso un fitto scambio epistolare durato qualche anno, a poco a poco, questi divenne per il giovane Manzoni un importante punto di riferimento nella sua attività di scrittore.


A Parigi, il contatto con ecclesiastici di orientamento giansenista incise anche sulla conversione religiosa. Sul suo ritorno alla fede cattolica, Manzoni mantenne sempre un certo riserbo e, per questo motivo, è quasi vano tentare di ricostruirne le fasi interiori. Dovette essere importante l’influsso della giovane moglie, Enrichetta Blondel, figlia di un banchiere ginevrino, conosciuta a Blevia sulle colline bergamasche. Anche la Blondel subì un rivolgimento interiore significativo: sotto la guida dell’abate genovese Eustachio Degola, si avvicinò al cattolicesimo e fece battezzare col rito romano la primogenita Giulia Claudia, convincendo il marito, in seguito, a risposarsi con rito cattolico. Precedentemente, infatti, il loro matrimonio era stato celebrato con rito calvinista. È da dire che, in Manzoni, la conversione si accompagnò al primo manifestarsi di certe crisi nervose, che poi lo angustiarono per tutta la vita. Nel 1810 lo scrittore lasciò Parigi per tornare definitivamente a Milano. La sua visione della realtà era ormai completamente improntata al cattolicesimo. Il mutamento si ripercosse anche sulla sua attività letteraria: smise di comporre versi dal tono classicheggiante, (l’ultimo esemplare rimane Urania, un poemetto del 1809) per dedicarsi alla stesura degli Inni sacri ( 1812-1815), che aprirono la strada ad una successiva produzione di stampo romantico, oltre che storico e religioso. Una volta tornato in Italia, poi, Manzoni condusse la vita del possidente, dividendosi tra la casa milanese e la villa di Brusuglio. La sua esistenza fu dedicata allo studio, alla scrittura, alle intense pratiche religiose, alla famiglia che, nel frattempo, diveniva numerosa. Fu vicino al movimento romantico milanese e ne seguì tutti gli sviluppi (un gruppo di intellettuali si riuniva a discutere a casa sua), ma non partecipò mai, direttamente, alle polemiche con i classicisti e declinò l’invito a partecipare al «Conciliatore». Anche nei confronti della politica ebbe un atteggiamento analogo, di sinceri sentimenti patriottici e unitari, seguì con entusiasmo gli avvenimenti del 1820-1821, ma non vi partecipò attivamente e non venne colpito dalla dura repressione austriaca che ne seguì. Sono questi gli anni di più intenso fervore creativo, in cui nacquero le odi civili, la Pentecoste, le tragedie (Il conte di Carmagnola, Adelchi), le prime due stesure de I promessi Sposi(inizialmente intitolato Fermo e Lucia), oltre alle Osservazioni sulla morale cattolica, al Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, ai saggi di teoria letteraria sulle unità drammatiche e sul Romanticismo. Con la pubblicazione de I promessi sposi nel 1827, si può dire concluso il periodo creativo di Manzoni. Successivi tentativi lirici, come un inno sacro sull’Ognissanti, rimangono incompiuti. Manzoni tese sempre più a rifiutare la poesia considerata “falsa” rispetto al “vero storico e morale”. Conseguentemente, approfondì interessi filosofici, storici e linguistici. L’amicizia con Claude Fauriel venne sostituita da quella con Antonio Rosmini, un filosofo cattolico, che presto divenne la sua guida spirituale. Negli anni della maturità, la vita di Manzoni fu funestata da crisi epilettiche, una serie interminabile di lutti (la morte della moglie, della madre, di parecchi dei figli) e dalla condotta dissipatrice dei figli maschi. Nel 1837 si risposò con Teresa Borri Stampa, che morì poi nel 1861. Scrivendo nel 1842 Storia della colonna infame, Manzoni evita qualsiasi spunto narrativo, rimettendo in questo modo al lettore, posto di fronte alla crudezza di quanto accaduto, ogni giudizio. Il saggio è una cronaca asciutta e distaccata dei fatti che si svolsero intorno al processo ai presunti untori che ebbero la sfortuna di essere accusati di aver propagato la peste che sconvolse Milano nel XVII secolo

 Oramai era divenuto un personaggio pubblico, nonostante il suo atteggiamento sempre schivo e appartato. Durante le Cinque giornate, nel 1848, seguì con vigore gli eventi politici, pur senza parteciparvi attivamente e diede alle stampe Marzo 1821, per anni tenuta nascosta. Quando il regno d’Italia si ricostituì nel 1860, fu nominato senatore. Pur essendo profondamente cattolico, era contrario al potere temporale della Chiesa, e favorevole a Roma capitale. Nel 1861, infatti, votò a sfavore del trasferimento della capitale da Torino a Firenze, come tappa intermedia verso Roma. Nel 1872, dopo la conquista della città da parte delle truppe italiane, ne accettò la cittadinanza onoraria, con scandalo degli ambienti cattolici più retrivi. Negli anni della sua lunga vecchiaia fu circondato dalla venerazione della borghesia italiana, che vedeva in lui non solo il grande scrittore, ma anche un maestro, una guida intellettuale, morale e politica. Soprattutto il suo romanzo fu assunto nella scuola con tale funzione.

Morì a Milano nel 1873, a ottantotto anni, nella casa di via del Morone, in seguito a una caduta che gli aveva provocato gravi sofferenze per due mesi. Gli furono tributati solenni funerali, alla presenza del principe ereditario Umberto. Verdi gli dedicò la sua Messa da Requiem al primo anniversario dalla morte. Fu sepolto nel cimitero monumentale della città.